
Al termine delle tre opere considerate (Esperia, Lux, La cantante), mi son chiesto se, intese come un unico corpus, mostrino più ombre o più luci.
— L’ombra prevale se le penso “come se” le avessi scritte io; infatti, essendo l’identificazione (coi personaggi e soprattutto con l’autore) il minimo requisito di chi legge da dilettante, ammetto che non sarei mai riuscito a concepire e a produrre dei romanzi come Esperia, Lux e La cantante. Non rientrano nella mia indole.
— La luce ha invece la meglio se la annetto al genere che le identifica, e nel quale io non mi sento a mio agio, ma che li accetta a braccia aperte come esemplari di non poco valore. E il motivo di tale valore di genere consiste, a mio avviso, nell’abilità di Calzana d’essere scrittore arguto, sia pure addossato all’intenzione del narratore partecipe. Una doppia natura che crea il particolare clima della sua prosa.
Per Calzana, i personaggi della trilogia sono anche persone, e dunque se ne avverte il coinvolgimento nel recupero memoriale del loro carattere, delle loro imprese, dei tempi loro. Per me, come per qualsiasi altro lettore anonimo, essi sono soltanto personaggi e come tali vengono giudicati: se divertenti, o deludenti, o commoventi. Per questo, nonostante la fotografia dei suoi nonni in Lux, che indica quale sia la sua propensione d’autore e la sua probabile sensibilità emotiva nei confronti dei testi, uno come me, lettore generico, non può che parteggiare per Esperia, deprecando la trascuraggine insulsa di cui è oggetto da parte del coniuge, ancor più quando per tramite di “una” film su Buffalo Bill tenta di trattenere nel mondo ciò che dal mondo è scomparso per sempre. Proprio quello che ha fatto l’autore. Perciò, nonostante Esperia appaia, come essere umano attivo (non come automobile o altro), nel secondo volume della trilogia, mi viene spontaneo sentirla come testimone di mattane altrui, ma anche come consapevole della fragilità di quanto il mondo ci ha dato e di quanto ci ha negato. Personaggio laterale rispetto la narrazione, ma centrale rispetto l’evocazione.
Infine: la lettura dei testi orobici di Calzana non affatica per nulla chi li percorre; essi scorrono con l’andatura “ferroviaria” (così Alberto Savinio a proposito di Guy de Maupassant), veloci e maneggevoli, con l’eccezione di quelle sorprese linguistiche o di concetto che talvolta fanno sobbalzare il convoglio in corsa e che costringono il lettore a guardare meglio fuori dal finestrino, caso mai abbia sbagliato treno.
Qui tutte le recensioni di Burder ai miei romanzi.
2 Commenti
Certo che questo Burder scrive proprio bene. Possibile che non abbia scritto qualche libro? In rete ho trovato più niente che poco…
Gentile Matteo, come ho già scritto rispondendo ad altro lettore (o lettrice, non ricordo) il signor Burder è persona schiva, oltre che sapiente; dubito, per quel poco che so, che abbia scritto, o quanto meno pubblicato qualcosa. Di fatto, questo blog è l’unica tribuna sulla quale ha fin qui accettato di comparire, e questo mi onora oltre misura.
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